PATACA e PATACATE
da “il Foro Riminese" aprile 2004
di Giuliano Bonizzato
(Socio fondatore Gruppo Cicloturisti ENDAS Rimini)
Sulla ricchezza di sfumature e
significati del riminesissimo “pataca” hanno discettato studiosi e storici come
Gianni Quondamatteo, Liliano Faenza, Arturo Menghi Sartorio, Amos Piccini e
perfino uno psicanalista, Glauco Carloni autore di un pregevolissimo saggio
sulle “patachèdi” nel mondo felliniano. Ultimo tra cotanto senno -e chiedendo
venia agli esclusi- mi sia permesso un modestissimo contributo semantico.
Ma andiamo per ordine.
Trovo innanzitutto estremamente significativo che esista ed operi, in Rimini e
Circondario, l’A.P.R. (Associazione Pataca Romagnoli); che di essa facciano
parte ben centocinquanta pataca dichiarati; che questa benemerita Associazione
abbia un Re (il Re dei Pataca, appunto) eletto annualmente in virtù del numero e
della qualità delle patacate da lui commesse in tale arco temporale; che infine
tale elezione abbia luogo attraverso una durissima e combattuta selezione tra
gli Associati. Lo scorso novembre Mauro Dolci, detto “Baffino d’oro”, ha
sbaragliato a Igea Marina tutti i concorrenti, spodestando il precedente Sovrano
Loris Domeniconi detto”Stoppa”, con una serie di arci-patacate sfioranti il
sublime, di cui vi risparmio la descrizione altrimenti non vi sarebbe più spazio
per ciò che invece vorrei sottolineare, a sostegno della mia umile tesi.
Primo. Che se è vero che, come afferma il Carloni, pataca è soprattutto “persona
che si prende troppo sul serio e difetta di autocritica” allora, nel momento
stesso in cui ci si riconosca “pataca”, si cessa di esserlo. Quindi nessuno
sarebbe meno pataca di chi si iscriva a una Associazione di Pataca o,
addirittura, diffondendo in pubblico le proprie patacate , ambisca esserne
proclamato monarca.
Secondo. Che ove la patacata sia volontaria e dunque si risolva in un gesto
culturale, fine a sé stesso, in contrapposizione alla seriosità conformistica e
paludata, non può essere considerato pataca colui che la realizzi.
Terzo. Che neppure le patacate spontanee sono necessariamente indice di
patacaggine congenita perchè tutti, indistintamente, nella vita, sono destinati
a fare, prima o poi, la loro brava “patacata”. Ciò in quanto, per la surriferita
ricchezza di significati della parola in questione, è pataca non solo chi si
prende troppo sul serio ma anche, secondo la definizione del Quondamatteo, “chi
è tre volte buono, chi si fa ingannare facilmente, chi non ha saputo profittare
di un’occasione”. Talchè il termine “pataca” finisce con l’esprimere non tanto
una qualità negativa connaturata -come potrebbe essere per “invornito” o “stronzo”-
quanto una contingente condizione umana dalla quale ci si può anche affrancare,
con una sana autocritica, magari aiutati dagli amici.
Solo così si spiegano frasi solo
apparentemente offensive ma in realtà affettuose quali: “Nu fa e pataca" , "T’cè
ste un gran pataca" , "Lasa andè d’fe e pataca”. E vezzeggiativi dolcissimi come
: “Patachìn” e “Patachìna” con cui i genitori si rivolgono ai figlioletti.
E adesso basta con le patacate.
Giuliano Bonizzato
In libreria: Cronache Malatestiane del Terzo Millennio
Edizioni Raffaelli
(cinquantotto ministorie Riminesi dal 2000 al 2001)